Le campane
La maggiore detta comunemente il Campanone venne fusa nel 1888 dalla ditta Giuseppe Mazzola di Valduggia. Ha un diametro alla bocca di 1,38 m per un peso di 1,74 tonnellate. Originariamente portava l’iscrizione: “Abbattendo la tirannide questo bronzo squillante al popolo annunziò la libertà e delle vinte pugne la novella auspice. Vittorio Emanuele e Garibaldi. Per cura della Fabbriceria – col concorso del Comune”.
Il 4 novembre 1918, in occasione della Vittoria al termine del primo conflitto mondiale, suonato con irresistibile foga e molto poca esperienza dai popolani fu irrimediabilmente incrinato. Dopo numerosi tentativi di ripararlo, si rese necessario procedere ad una nuova fusione.
Nel 1922 venne calato dalla torre e trasportato alla Fonderia di Valduggia. Dopo pochi mesi venne ricollocato al proprio posto tramite un’apertura ricavata dalla rimozione delle colonne della cella campanaria. Da allora reca l’iscrizione dettata dalla poetessa carrarese Cecilia Caro allora quindicenne: “Squillando pei cieli infiniti il Cantico dei Cantici, la Vittoria d’Italia prigione contro il bronzo si spezzò la mia voce. Or, nuova, nel bronzo rifuso la morte e la vita, e i sacri misteri e il vincolo santo fratelli, e la pace vi canto. Fusa nel febbraio 1923 da Roberto Mazzola di Valduggia per cura della Fabbriceria del Duomo di Carrara, con il concorso del Municipio e della Cittadinanza”.
Sulla campana è forgiato lo stemma della città di Carrara con la corona marchionale mentre nella parte opposta è raffigurata la Santissima Trinità. Perpendicolarmente a questa è posta l’effige della Madonna Assunta in gloria di Angeli e quella di S. Andrea Apostolo titolare dell’Abbazia. In alto è posto il monogramma eucaristico di San Bernardino da Siena.
La seconda campana che per dimensioni e volume viene dopo il campanone venne fusa nel 1888. Ha un peso di 890 Kg per un diametro alla bocca di 1,10 m e porta l’iscrizione: “Il popolo invitiamo, a feste ed a mestizie per glorificare, della religione i martiri e per quei che fur, onorare e commemorare, possa durare finché il mondo dura”. Com’è rilevabile dalla marchiatura sul bronzo questa campana venne fusa nel 1888 dalla Premiata Fonderia Giuseppe Mazzola di Torino. Su di essa è forgiato lo stemma del Comune di Carrara incorniciato in ghirlande di alloro mentre nelle altre facce della campana sono raffigurati San Ceccardo, patrono della città e del Comune di Carrara, S. Andrea Apostolo, patrono della Collegiata e l’Annunciazione della Beata Vergine. Sul bordo della campana è riportata anche la dicitura: “Possa durare finché il mondo dura – Per cura della fabbriceria col concorso del municipio – fusa in Torino nel dicembre 1888 – La fabbriceria, Bernarbò prof. Emilio, Mariotti prof. Francesco, Sarteschi dott. Luigi”.
La terza campana ha un diametro alla bocca di 0,95 m per 610 Kg di peso. Venne realizzata nel 1888 dalla Premiata Fonderia Giuseppe Mazzola di Torino e rifusa nel 1928 dalla Premiata Fonderia Lorenzo Lera di Lammari di Capannori in provincia di Lucca. Porta la seguente iscrizione: “E nella gioia e nel dolore rappresenterò sempre il sentimento del nostro Popolo. Anno Domini 1928”. Su di essa sono impressi nel bronzo la Vergine Assunta, Gesù Crocifisso sostenuto da due Angeli, S. Andrea Apostolo ed un fascio littorio con l’iscrizione Anno VI dell’era fascista.
Sul bordo della campana è riportata anche la dicitura: “Per cura della Fabbriceria col concorso del Municipio – fusa in Lucca nel settembre 1928 – possa durare finché il mondo dura – Cav. Prof. Francesco Mariotti, Cav. Avv. Pier Francesco Cucchiari, Prof. Pilade Caro, Conte Enrico Lazzoni”.
La quarta Campana, la più piccola porta incisa l’iscrizione: “Laudo, voco, nunc ploro 1835 arceo, festa, decoro”. Ha un peso di 420 kg per un diametro alla bocca di 0,72 m. Venne fusa nel 1835. Nel 1928 venne rifusa dalla Premiata Fonderia Lorenzo Lera di Capannori in provincia di Lucca mantenendo però la vecchia iscrizione con l’aggiunta sul bordo della campana della nuova dicitura: Per cura della Fabbriceria col concorso del Comune – fusa in Lucca nel settembre 1928 – possa durare finché il mondo dura – Cav. Prof. Francesco Mariotti, Cav. Avv. Pier Francesco Cucchiari, Prof. Pilade Caro, Conte Enrico Lazzoni”.
Nel bronzo sono incise le raffigurazioni del Cristo in croce attorniato da due Cherubini oranti, della Vergine Assunta, e di un fascio littorio con l’iscrizione Anno VI dell’era fascista.
Fino a quell’epoca le campane del Duomo venivano suonate tramite un sistema detto “a slancio” o “a battaglio volante”. Questo metodo pur essendo più diffuso ha lo svantaggio di imprimere notevoli sollecitazioni alle strutture murarie della torre. Per ovviare a questo problema che rischiava di danneggiare irrimediabilmente il millenario campanile venne deciso di porre catene metalliche di cerchiatura visibili ancor oggi in modo da consolidarne la struttura muraria e contenere le sollecitazioni provocate dal movimento delle campane. Inoltre venne deciso di installare un nuovo castello in ferro che potesse ospitare le nuove campane tra cui il Campanone del notevole peso di 1,74 tonnellate. Venne anche variato il sistema di suono passando da quello a slancio a quello detto “a battaglio cadente”.
Si tratta di campane controbilanciate dotate di ceppi pesanti che possono compiere oscillazioni più o meno lente in cui il battaglio colpisce sempre sulla parte inferiore della campana anziché sulla superiore come nel sistema “a slancio”. Queste sono contrappesate tramite l’aggiunta di grandi pomi in bronzo al di sopra dell’asse di rotazione e raggiungono facilmente la cosiddetta posizione a bicchiere cioè compiono una rotazione di 180° dopo poche oscillazioni producendo il suono non appena vengono mosse. Il movimento veniva impresso alle campane tramite forza muscolare applicata alla grande ruota in ferro posta lateralmente a ciascuna campana. Tre grandi pomi in bronzo detti “bocce” imbullonati al di sopra del contrappeso riempito di piastre di ferro hanno la funzione di incrementare quest’ultimo per bilanciare la campana durante il suo movimento. Grazie al sistema a battaglio cadente le vibrazioni e le oscillazioni impresse alle strutture murarie sono sensibilmente ridotte pur mantenendo una alta qualità del suono emesso. Durante il cosiddetto plenum ossia quando vengono suonate tutte le campane che compongono il concerto del Duomo di Carrara, si ha uno spostamento di circa 3,5 tonnellate per parte che muovendosi con velocità e senza freni producono intense sollecitazioni alla torre. Anche per questo motivo nel 2005 venne deciso di rinforzare ulteriormente le strutture che compongono il campanile tramite operazioni di consolidamento della muratura parietale nella cella campanaria visibili anche esternamente.
Dalle feste natalizie del 1966 le campane del Duomo sono azionate mediante motori elettrici.
Ancor oggi è rimasto l’uso di suonare le campane la mattina alle 7, alle 12 e alle 19 ossia l’inizio della giornata (detto anche Ave Maria), a mezzogiorno (Angelus) e al termine della giorno (Vespro).
Una curiosità le campane di tutto il mondo suonano a mezzogiorno dal 7 ottobre 1571 data della Battaglia di Lepanto, in cui vari Stati cristiani, coalizzati nella Lega Santa, sconfissero l’Impero Ottomano.
In una mondo sempre più frastornato da rumori di ogni genere, si stenta a credere che ci siano persone che trovino insopportabile e spesso molesto il rintocco di una campana.
Ancor oggi è rimasto l’uso di suonare le campane la mattina alle 7, alle 12 e alle 19 ossia l’inizio della giornata (detto anche Ave Maria), a mezzogiorno (Angelus) e al termine della giorno (Vespro).
L’orologio
Già nel 1571 venne istallato un orologio sul campanile del Duomo. Questo sistema meccanico era inoltre provvisto di un quadrante posto sul lato est della torre all’altezza delle trifore e cementato nel 1832 quando, dopo oltre 260 anni di onorato servizio, l’antico meccanismo venne sostituito dall’apparecchiatura ancor oggi posta sul campanile. Si tratta di un orologio del 1832 proveniente da Ginevra: Allamand e Bertrand e donato da una delle figure più belle del Risorgimento Italiano: Pellegrino Rossi. Docente di Diritto all’Università di Bologna a soli 20 anni, professore di diritto penale e romano all’università di Ginevra e in seguito anche alla Sorbona di Parigi. In seguito, fallito il tentativo di unificare l’Italia nel 1815 dovette fuggire in Svizzera, a Ginevra. Il 15 novembre 1848 morì a soli 51 anni pugnalato alla gola da fantomatici patrioti. Pellegrino Rossi portò sempre nel cuore la sua città e non dimenticò mai le proprie origini apuane al punto da donare alla sua Carrara un orologio per la torre del Duomo cittadino. Il meccanismo, pesa oltre 700 kg, ed è composto da un telaio a castello in ferro battuto di incredibili proporzioni, con altezza di circa 2 m ed una lunghezza di oltre tre. Tre treni di ruote in ottone, uno per la suoneria delle ore, quello centrale del tempo e l’altro per la suoneria dei quarti erano azionati da cilindri con fusto di legno su cui scorrevano i cavi che sorreggono i contrappesi in marmo bianco sbozzati di forma allungata. L’autonomia di otto giorni circa veniva garantita dall’orologiaio addetto tramite la carica manuale attuata con una grande manovella in ferro che addentando ciascuno dei tre treni di ruote riportava alla sommità della torre tre pesanti contrappesi in marmo. L’asta del pendolo, molto lunga, termina con una lente rinforzata con piombo.
Il nuovo meccanismo venne trasportato da Ginevra fino a Genova e da lì via mare a Marina di Carrara tramite la goletta i due fratelli comandata dal capitano Carlo Tomei di Lucca. Una volta giunto il pesante meccanismo venne esposto nel salone del Municipio in attesa di poter essere poi collocato sul campanile del duomo che nel frattempo era oggetto di lavori per la sistemazione delle opere murarie per alloggiare il nuovo orologio.
All’orologio, tramite un elaborato sistema meccanico, erano collegati i martelli percussori che battevano le ore e le mezzore sulle campane sovrastanti. Purtroppo questa parte dell’orologio è stata smontata per far posto ai motori e agli elettro-percussori necessari per l’automazione delle campane. Da alcuni scritti si apprende che nel 1962 l’orologio cominciava a dare segni di logorio a causa dei suoi 142 anni di continuo ininterrotto lavoro e i tentativi di ripararlo non produssero gli effetti sperati. Anche le campane suonavano a singhiozzo e i bronzi maggiori, compreso il “campanone” rimasero in silenzio per 5 lunghi anni, fino alle feste natalizie del 1966 quando vennero motorizzate tutte e quattro le campane.